SIGNORA DELLE VALLATE DAGLI OCCHI TRISTI

occhi-tristiCon i tuoi passi di cigno risorto dalle ceneri di danza
coi tuoi pensieri come rupi annegate in un liquore di Bisanzio
coi tuoi ricordi come fumo divelto in veglia funebre
e il tuo ombelico come nido di polline che migra.

Con i tuoi capezzoli come buio sepolcro di moneta
con il tuo ventre di miele, di lontra e di ventaglio acuminato
con il tuo inguine come delta di venere e mercurio
e la tua fronte d’ira falcidiata da diamanti:
con le tue dita di arabesco e la tua testa di vessillo.

Con le tue mani di scrigno che divora il suo tesoro
con i tuoi seni di limone segreto imbiancato dalla luna
con i tuoi occhi di sconfinato delfino quando il cielo nuota
ed i tuoi cantici di illuminato scorpione che si intrecciano nel vento.

Con i tuoi sogni di cornice inchiodata alle sue nuvole
con le tue tempie carezzate da pulpiti di aurora e di tramonto
con le tue labbra festanti di cristallo impuro
e le tue sopracciglia di riccio rinchiuso in ruote di sconforto:
con i tuoi cori di fango e i tuoi sorrisi di carbonio.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
dov’è ora il demone fecondo del tuo alloro
dove hai rinchiuso i tamburini di Manciuria
come fermare questa frenesia di altare in fiamme?

Coi tuoi monili dove tintinnano il ruscello e l’usignolo
coi tuoi rimpianti di brina nel focolare appassito di Babele
con le tue spalle di orgogliosa torre e di sigillo
ed i tuoi fianchi cui il mare fa il verso con le onde.

Con le tue palme come specchiarsi di profumo
con le tue natiche di cupola rivolta verso il vento
con le tue guance di stanchezza erosa fra gli scogli
ed il tuo fiato come un crepuscolo inciso nel risuonare della nebbia:
coi tuoi sussulti di cerbiatto e le tue tenebre di trina.

Con i tuoi lobi di fenicottero cinto in vita dalla notte
con le tue ossa di cobra nascosto nelle orbite
con le tue reni come un coro di vallate in piena
e i tuoi sospiri come uccello scomparso all’orizzonte.

Con i tuoi polsi come tempesta impigliata in mezzo ai rovi
con le tue cosce di cerbiatto che si protende in dolce fuga
con i tuoi piedi come giardino incatenato alla sua foce
e le tue lacrime come perdute aurore di fachiro:
coi tuoi saluti come un velo e le tue dita come calendario.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
come cancellerò ora il tuo nome dal faro delle note
come si racconterà questo stupore di satiro e sciamano
chi monterà questi puledri di concerti inceneriti?

Con le tue risa di fuco innalzato su nubifragi di violette
coi tuoi capelli come strenuo sospiro di bandiera
coi tuoi polpacci di avorio denudato dal martello
ed il tuo sesso come cripta scavata tra le foglie.

Con le tue grida di drago vergine sepolto nella roccia
con il tuo sangue di vino tenue che si desta
con i tuoi fasti di Biancaneve avvitata in un serpente
e le tue palpebre che levano calici d’ebbrezza:
con i tuoi vezzi di fosforo e le tue smorfie di farfalla.

Con il tuo mento dove brucano scorie di armadillo
con le tue orecchie fra congiure di intangibile corona
con i tuoi indici puntati a un nodo di fantasmi
e le tue ginocchia piegate a un dio che si dissangua.

Coi tuoi furori d’aquila segnata da rivoli d’inchiostro
con le tue scapole come stemmi su anfore di schiume
con il tuo collo di conchiglia cullata da brezze coloniali
e le tue unghie percorse da sentieri di velluto:
col tuo profilo di regina ed i tuoi pungoli di seta.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
stalattiti d’attesa si sospendono amare
su un acuto stormire di cancrena:
orge di manganese in volo si contendono il tuo vuoto.

Col tuo avanzare fra nudi di sussurri fracassati
coi tuoi avambracci poggiati su balconi di polvere annodata
con le tue ire di specchio intrappolato in petali di squame
e le tue sfere annichilite in un porto di vaghezze.

Con le tue vene come un vello incantato da una rondine
con la tua schiena come lontano bastione in controluce
col tuo sudore di Saturno che gioca coi suoi anelli
e la tua lingua come rubino proteso sugli scogli:
con le tue narici di martora e i tuoi sapori di Calcutta.

Con le tue ombre cinesi proiettate su un rantolare di tamburo
con le tue ciglia aperte su abissali conchiglie di rapina
con le tue iridi arruffate in un astrale delirio di radici
e le tue braccia di scongiurata fragola sospesa.

Con il tuo cuore rapito da veglie di liquame
con la tua peluria d’angelo che geme nella pioggia
con i tuoi denti di reliquia in un trionfo di catene
e le tue note di flauto che si meraviglia in un sudario:
con la tua saliva di menta e le tue storie di sambuco.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
il libro aperto dei tremuli templi dell’abiura
decanta le viole dei tuoi cirrocumuli scoscesi
e freme, e resta e si commuove.

Con i tuoi gomiti come tumulto di vernici fra le spore
con le tue falangi di spade incrociate su alibi di spago
con le tue vertebre esultanti di fragranze di sarcofago
e i tuoi cortili perduti fra cattedrali di cobalto.

Con la tua spina trattenuta fra refoli di tormentoso fiume
con i tuoi palpiti di fata lanciata su prede di Murano
con la tua lussuria orgogliosa fra una folla di mirtilli
e i tuoi segreti come polvere su alfabeti di letizia:
con la tua allegria di stranezze e i tuoi richiami d’acquavite.

Con le tue furie di Cenerentola raggrumata in un ossario
coi tuoi puledri assopiti su pistilli di aranceto
con il tuo dorso come culla di sonno e di antimonio
e il tuo bacino come demone illuminato dall’ebbrezza.

Coi tuoi polpastrelli seminando incanti di scintille
coi tuoi arcobaleni come promessa di archetipi e tempeste
coi tuoi cuscini amareggiati di dolcissima sciagura
e le tue giade acute di disorientato violino e saltimbanco:
coi tuoi divani diroccati e il tuo palato di ametista.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
perduta in una fonda nebulosa di fanghiglia
vedo congiunte la rosa, l’oro e la cicuta
la morte arida dei gigli e la sacra avidità dell’orco.

Con il tuo muco d’ambra preziosa negli albori
con il tuo femore come antico frammento fra le fronde
con il tuo delirio su calici che vanno verso il nulla
e le tue vesti come luce distesa in una roggia.

Con le tue giunture come un inno in frange d’alabastro
con i tuoi amanti in urne di sfrenato corallo e di lentezze
con il tuo ano come cratere in una danza di pianeti
e il tuo orgasmo come folletto che gioca con cuccioli di rosa:
con le tue stanze d’agonia e le tue gengive di frantoio.

Con il tuo sterno come ardente trasporto di colomba
con la tua gola come gondola che incanta il suo fantino
coi tuoi intestini come catrame in un’ipnosi di vetrate
e i tuoi argomenti di labirinto rappreso in un presepe.

Coi tuoi polmoni di caravelle affittate a una bonaccia di sciarade
coi tuoi palazzi di Biancaneve avvinghiata a un santuario
coi tuoi colori sillabati da una zebra in perdizione
e le tue stravaganze annunciate da un morso di circo abbandonato:
con i tuoi assoli di tango ed il tuo stomaco di cornamusa.

Signora delle vallate dagli occhi tristi
dove tristi profeti narrano nessun uomo può giungere:
potrò finalmente prostrarmi alle tue volte
o dovrò ancora aspettare ai tuoi cancelli?

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