TANGO A VARSAVIA
Varsavia, 3 aprile 2011, Zlota Milonga
Ah ! les haillons pourris, le pain trempé de pluie,
l’ivresse, les mille amours qui m’ont crucifié !
A. Rimbaud
Debo fingir que hay otros. Es mentira.
Sólo tú eres. Tú, mi desventura
y mi ventura, inagotable y pura.
J. L. Borges
1.
Cielo di notturno silenzio dei tuoi occhi, sopito fuoco
Fra lacrime d’ebbrezza, fiorito e dolce stupore del sorriso,
Giglio sensuale come il loto, vampa che fa il respiro roco,
Onda che lenta si tende lungo il torso, sul collo che ripido e deciso
Sale al morso di miele delle labbra, alla lingua di rosa
Di fragola e ciliegia, al dente di levigato avorio che porto inciso
Qui, nel mio cuore che duole se ti vedo, o se ti sogno, penosa
Tenerezza, male che si dibatte quando ci sei o se manchi,
Perché sempre altrove è il luogo dell’amore, e dolorosa
La gioia degli amanti. Così, ecco il freddo rogo degli stanchi
Versi, ecco queste parole, vuote e tristi come un commiato,
Ecco il tocco tenue e stremato della nostalgia, ecco i suoi bianchi
Doni, ecco un’immagine che lascia senza mani, senza fiato,
Ecco un tuo gesto fatto di brezza, ridente, struggente, come alato.
2.
Velo di seta in ebbrezza la tua pelle, volo di seta su seta
La tua gonna, che avvolge e svolge la luna del sorriso,
Vita che si avvita nel mistico caos del sangue, segreta
Febbre, acre nostalgia del tango. Astri inondano il tuo viso,
La lenta e tentante carezza dei tuoi passi, che lievi
Tornano e vanno, tenue risacca, brezza, mare d’altro mare intriso,
Farfalla che su farfalla si posa e prende il volo. Levi
Un istante la testa, nel sigillato abbraccio dell’amante
Nascosta e offerta come biancore di perla nelle nevi
Di rilucenti oscurità dell’intima conchiglia, e in un istante
Di nuovo la sprofondi. E come il delfino l’arco teso del salto
Ridona al vortice dell’onda, così una nota tremula e distante
Ti ridona all’abisso, al gorgo di seta dei tuoi giri, alto
Come il cielo quando dopo la pioggia il sole ne fa smalto.
3.
Incanto, dove si cela il dio del tuo tormento nel tutto o nella parte?
Dimmi: dove inizia a far male la tua grazia, dalla tumida brocca,
Ardente, della bocca, dal rosso denso, intenso, accesso d’arte
Che strazia l’anima con estasi d’incenso? Oppure che scocca
La suadente freccia è la luna d’oriente delle labbra, l’insinuante
E obliquo sbocciare del sorriso, sole d’avorio che la rocca
Salda e acuta dei denti dissolve in una luce? E cosa ama l’amante
Di te, il diafano velluto della pelle, la giunzione ammiccante
Della vita con i fianchi, o il passo rotondo, elastico, ondeggiante?
Oppure è la voce roca che dal fondo dell’anima vibrante
Il filo delle tue forme avvolge e svolge in sensi di frusciante
Seta, e che velando e svelando fa di parti ottuse il tutto lancinante?
Io non so dire di più, se non che tu sei bella, nostalgia danzante
Di patria che ho perduto, seno di sole che s’offre dal levante,
Armonia stupenda, che quanto più vicina sei distante.
4.
Afferrarti, stringerti, perché, perché volerti, se anche il solo
Sfiorarti è poterti perdere, ultima sete e luce di speranza,
Ultima stanchezza, che forse non sei più che il volo
Labile di un sogno, vaghezza d’un pensiero che nella vana danza
Dei giorni m’accompagna perché all’inganno lieve del suo velo
Si celi questo deserto fatto di vento e tempo che si avanza
Inesorabile a quel nulla che senza vedere eppure vedo
Come sola eternità e solo essere cui la vita umana
Nel suo breve sussulto si protenda. Così, solo sognando ti cedo,
Tenerezza, e solo con passi di sconsolata, grigia e quotidiana
Nostalgia ti seguo nel tuo andare non so dove, stonato aedo
Che questa sorda ballata affida al vento, al caso, alla strana
Divulgazione del fato perché ti giunga, fato in cui non credo,
Caso in cui non spero, vento che non amo, cui più mi nego
Più mi lego.